GIUSEPPE VERDI Roncole di Busseto 1813 - Milano 1901
Nato da una famiglia contadina nello Stato di Parma, allora governato dai francesi, studiò musica con l'organista della chiesa di Roncole e poi con quello di Busseto. All'esame di ammissione al Conservatorio di Milano fu respinto per l'età troppo avanzata, ebbe lezioni da Vincenzo Lavigna, maestro concertatore del Teatro alla Scala e professore di solfeggio al Conservatorio di Milano. Gli esordi di Verdi come operista furono contrastati: Orberto, Conte di san Bonifacio, venne accolto positivamente (rappresentato alla Scala nel 1839), nel 1840 l'opera buffa Un giorno di regno fu un fiasco. Probabilmente scontava sia una certa saturazione del pubblico per questo genere di opere e anche dal libretto di Felice Romani che usciva dai modelli a cui erano abituati i melomani di allora. Il fiasco dell'opera, l'improvvisa morte della moglie e di due figli spinse Verdi ad abbandonare la carriera operistica. L'impresario scaligero Bartolomeo Merelli le fece cambiare idea e lo convinse a musicare Nabucco (o Nabucodonosor), libretto di Temistocle Solera,chetrionfò alla Scala nel 1842, stessa sorte nel 1843 per I Lombardi alla prima crociata con libretto dello stesso Solera e poi a Venezia nel 1844 con Ernani, libretto di Francesco Maria Piave. Ormai la carriera operistica di Verdi era brillantemente avviata. Il suo successo fu dovuto anche al carattere romantico e popolare delle sue opere, che pur non avendo un chiaro taglio politico, presentavano chiaramente un legame con l'acceso clima risorgimentale. Negli anni successivi Verdi compose senza sosta opere di valore diseguale con l'intento di consolidare il proprio successo. Nacquero così I due Foscari (1844), Giovanna D'Arco (1845), Attila (1846), Macbeth (1847), Luisa Miller (1849),Stiffelio (1850). Questo periodo della sua vita fu caratterizzato da una intensa attività compositiva che definì "come anni di galera". Il decennio successivo si aprì con la cosiddetta "trilogia popolare" formata da Rigoletto, Il trovatore, La traviata .Verdi aveva ormai sviluppato un approccio tutto personale col melodramma, ricco di elementi innovativi nel panorama operistico ottocentesco: nelle opere di Verdi le passioni dei personaggi si manifestano con un'intensità inedita, le vicende venivano trattate con realismo, i protagonisti mostravano le loro contraddizioni un'umanità che li rendeva vivi e credibili. La morte di Gaetano Donizetti, suo principale concorrente in campo operistico, permisero a Verdi un maggiore agio nel comporre le opere successive, che risultano più meditate. Verdi guardava alla Francia e al grand opera parigino, caratterizzato da ampie dimensioni, in genere cinque atti, grandiosi allestimenti scenici e molto elaborati. E' questo il genere dei Vespri siciliani (1855), un nuovo tema che arricchisce la drammaturgia verdiana, tema che verrà ripreso anche nelle opere successive. Seguirono Simon Boccanegra (1857) e un Ballo in maschera (1859). Il Verdi delle opere più mature sembra avvicinarsi gradualmente, quasi per cerchi concentrici, al problema chiave del melodramma: la frattura tra aria e recitativo, con il conseguente innaturale frantumarsi dell'azione in pezzi chiusi e senza musicale. In queste opere, così come in quelle successive si osserva il tentativo di superare questa divisione collegando tra loro i singoli pezzi e praticando una declamazione delle parole che si pone a metà strada fra recitativo e aria. La forza del destino, Don Carlos e Aida mostrano una crescente attenzione per il ruolo dell'orchestra. Il Verdi delle prime opere, autore di accompagnamenti schematici e a volte banali, ha lasciato il posto a un attento conoscitore dell'orchestra. Dopo Aida, Verdi, rallentò sensibilmente la produzione di opere. Le prime esecuzioni delle opere di Richard Wagner avevano scosso il mondo musicale italiano provocando interesse e polemiche. Questo stimolò Verdi a proseguire la propria ricerca musicale, l'aggettivo "Wagneriano" veniva applicato a tutto ciò che non era convenzionale e scontato, appare eccessivo riferirlo ai due ultimi capolavori di Verdi, frutto della collaborazione con il letterato Arrigo Boito: Otello (1887) e Falstaff (1893) , unica opera buffa della maturità. Con Otello e Falstaff egli portò a compimento il processo iniziato dopo la trilogia popolare.
Tra le composizioni non teatrali figurano la Messa da Requiem (1874), scritta in memoria di Alessandro Manzoni, e il Quartetto in mi minore per archi (1875) unica opera strumentale.
GIUSEPPE VERDI: LA VITA
Le sue opere
Orberto, Conte di San Bonifacio I Lombardi alla prima crociata
Pavarotti | Del Monaco | Domingo | Carreras
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